Intervista a Giacomo Calorio
• Caro Giacomo per prima cosa vorrei ti presentassi ai lettori di Asakusa.it.
Ho ventinove anni, vivo in un paese della provincia di Cuneo, sono diventato da poco papà e lavoro principalmente come traduttore di manga per la Planet Manga (gruppo Panini).
Sono membro dell'associazione culturale neo(N)eiga, che si propone di divulgare il cinema giapponese contemporaneo attraverso retrospettive come quella su Takashi Miike, del 2006, e quella su Kiyoshi Kurosawa del 2007.
• Partiamo dalle tue pubblicazioni, quella sulla new wave horror giapponese e l’ultimo su Kurosawa Kiyoshi "Mondi che cadono" (Il Castoro, 2007), per approfondire alcuni temi cinematografici. Una cosa che salta subito all’occhio sembra la tua predilezione per il cinema horror nipponico...
Sì... francamente, io non sono mai stato un grande appassionato di film horror, ma quando vidi per la prima volta "Ringu" di Hideo Nakata, ormai sei o sette anni fa, rimasi davvero folgorato, oltre che terrorizzato.
Poco tempo dopo vidi "Audition" di Takashi Miike, e fu lo stesso.
Fino a quel momento conoscevo poco del cinema giapponese contemporaneo, in quanto, anche se oggi può sembrare strano, solo una manciata di anni fa la circolazione dei film non era così facile e scontata come ora.
Fu proprio in quel momento che mi si aprì un mondo e iniziai ad acquistare un horror giapponese dietro l'altro.
In realtà, il mio entusiasmo per questo genere è calato un po' negli ultimi anni: riguardo sempre volentieri i capolavori di Nakata o Kurosawa, ma dopo un po' senti il bisogno di cambiare pagina...
• Nel tuo libro "Horror dal Giappone e dal resto dell’Asia" (fuori catalogo), dopo un primo excursus sull’evoluzione della cinematografia giapponese della paura, ti concentri sui fenomeni Ringu e Ju-on. A distanza di qualche anno, quali sono le conclusioni finali su queste due saghe?
"Ringu" è un ottimo film diretto da un bravo regista.
Nakata ha saputo realizzare un'opera che ha influenzato gli horror asiatici per almeno un decennio, e non è poco.
Purtroppo l'idea base del film è andata svanendo con i seguiti: "Ring 2" è un'opera con molti pregi ma assai poco spaventosa, e "Ring 0" sta un gradino sotto.
"Rasen", invece, pur riprendendo quello che è effettivamente il seguito originale del romanzo, è un'opera del tutto trascurabile...in assoluto la peggiore!
Del "Ring" di Nakata, alla fine, sono rimasti solo alcuni aspetti esteriori... ma fortunatamente lo spirito che anima questa pellicola è servito da spunto ad altri registi in opere diverse.
"Ju-on - The Grudge" ha molti debiti sia con "Ringu" che con gli horror di Kurosawa, ma vanta anch'esso un'idea brillante alla base del film.
Purtroppo, Shimizu non è in gamba come Nakata dietro alla macchina da presa, e i risultati sono un po' altalenanti.
Personalmente, ho trovato l'originale (il primo girato per la TV), il più spaventoso e meglio riuscito di tutta la saga, ma c'è da dire che persino in "Ju-on 2", per quanto sia l'episodio più sgangherato visto finora, ci sono due o tre momenti davvero spaventosi.
Nemmeno il remake americano del primo era brutto, seppure snaturato per la necessità di dare una protagonista vera e propria alla storia.
Ora però ha raschiato davvero il barile...
• In particolare "Ringu", su cui credo ti sia soffermato maggiormente, sembrerebbe contenere spunti maggiori di analisi filmica.
"Ringu" non è solo un film importante in quanto ha originato e fa parte di un fenomeno culturale di grande portata; è anche una rielaborazione molto personale del romanzo di partenza.
Nakata ha saputo restare fedele al libro pur snaturandolo radicalmente dei suoi aspetti più scientifici ed esplicativi, creando un alone di mistero intorno alla sua memorabile protagonista: Sadako.
Sceneggiatura e messinscena sono avare di particolari, mentre la regia gioca spesso e volentieri di sottrazione, lasciando così molte cose all'immaginazione dello spettatore, in modo da accentuare l'aspetto fantastico dell'opera. Per questo si presta a molte letture.
• Molti hanno criticato i remake hollywoodiani "The Ring" e "The Ring Two". Al di là di faziosità più sentimentali che critiche, che idea ti sei fatto? Per assurdo il film di Verbinski credo sia superiore al seguito diretto da Nakata. Che ne pensi?
Guarda, io sono molto infantile in queste cose... quindi ho aspettato più di un anno a vedere il film di Gore Verbinski... mi sentivo un po' derubato, insomma.
Ma in realtà, quando l'ho visto, ne sono rimasto piacevolmente sorpreso.
È un remake intelligente e ben realizzato, una vera e propria traduzione dal cinema giapponese a quello americano.
Unica pecca è, secondo me, la scena chiave del volto di Samara, dal make up più elaborato, ma un po' scontato... mentre la semplicità dell'espediente usato da Nakata per Sadako, nella stessa scena, si era rivelata molto più efficace.
Concordo sul fatto che "The Ring" sia meglio di "The Ring Two", un film apprezzabile per molte sequenze, minate però da un paio di cadute di stile...
• Di contro "Ju-on: The Grudge" credo sia più vicini agli schemi dell’horror americano anni ottanta, di cui Shimizu è un dichiarato ammiratore. Anche la sua regia lo avvicina, credo, più a un artigiano che a un artista con una sua propria identità.
È vero, la regia di Shimizu si rifà molto di più all'horror americano, rispetto a quella di Nakata.
Però, c'è anche da dire che il fatto che Shimizu abbia riproposto, di film in film, una propria idea fino ai limiti dell'ossessione, lo rende a suo modo un autore. O forse è solo mancanza di idee?
• Gioco della torre: chi butti e chi tieni tra i "Ringu" di Nakata e i "Ju-on" di Shimizu?
Uhm... non si butta mai via niente, e poi durante la stesura del libro ho visto film assai peggiori anche rispetto alle sequenze più imbarazzanti mai girati da Nakata e Shimizu... ma tengo di sicuro il primo "Ringu" e il primo "Ju-on" televisivo.
Anzi, aspetta, ora che ci penso...butto "Rasen"!
• Kitano, Miike, Nakata. Registi diversi che cominciano a essere conosciuti nel nostro paese, sebbene, anche in loro, ho notato un certo calo dettato forse dal dare al pubblico occidentale quello che si aspetta piuttosto che innovare…
Kitano (foto in alto) è finito in un circolo vizioso e l'ha ammesso con cinica disperazione in "Takeshi's"...che però a me è piaciuto: forse era l'unica cosa che poteva girare a questo punto della sua carriera.
La produzione di Miike è talmente vasta che ovviamente comporta risultati alterni, quindi è difficile stabilirne l'andamento...ma sono sicuro che ci stupirà ancora.
Infine Nakata: un altro regista rimasto un po' intrappolato tra le maglie del J-Horror, che però è effettivamente il genere in cui si è dimostrato più capace, con capolavori come "Ringu" e "Dark Water".
Sono tutti registi giunti a un punto critico della propria carriera, ma questo può anche rivelarsi una svolta prolifica, chi può dirlo... insomma, credo che sia presto per decretare la caduta del nuovo cinema giapponese.
• Poi appare una pellicola come "Su-ki-da", giusto per citarne una, è per un po’ si ritorna a esaltare il cinema nipponico. Ma c’è davvero un cinema giapponese con una propria identità, o assistiamo alla deriva di questa cinematografia capace di produrre solo live action e film che sembrano fiction televisive?
Non saprei. A dire il vero non mi pongo molto la questione.
Già qualche anno fa, appena iniziata la moda del cinema coreano, c'era chi diceva che il cinema giapponese era morto e la nuova frontiera stava in Corea.
Questo per dire che secondo me è anche una questione di tendenze della critica e del pubblico occidentali sempre alla ricerca dell'ultima frontiera e sempre disposti a rinnegare una determinata realtà non appena questa è divenuta un po' più conosciuta e obsoleta.
È successo un po' lo stesso con Kurosawa... prima tutti a dire che è un genio, poi tutti ad accusarlo, a ogni uscita di film, di non essere più quello di un tempo, salvo poi rivalutare le opere immediatamente precedenti, a ogni uscita di un nuovo film.
Certo, è innegabile che negli anni Novanta si sia assistito a un'incredibile fioritura di opere e registi straordinari in Giappone, mentre negli ultimi tempi questa tendenza si è forse un po' arrestata... ma mi sembra esagerato parlare in termini catastrofici del cinema giapponese in generale... meglio attenersi alle singole opere, e io credo che una manciata di pellicole degne di nota ci sia, ogni anno.
• Due registi da tenere d’occhio per Giacomo Calorio.
Di sicuro Nobuhiro Yamashita e, su un versante più sperimentale, Nobutaka Yamaoka; ho visto il suo "FIX" al PIA Film Festival, nel 2005, e l'ho trovato fresco e folgorante... chissà, se un giorno si deciderà a realizzare anche opere più comprensibili, potrebbe diventare un nuovo protagonista del cinema giapponese?
• Concludiamo questa intervista con una domanda "cattiva", cui spero non ti sottrarrai. Come vedi la critica cinematografica italiana nei confronti dei film giapponesi attuali? Siamo al passo con quella francese o i nostri blasonati critici brancolano nel buio, ricordando solo Kurosawa Akira e Oshima Nagisa?
(ride) Forse in Francia sono più avanti di noi perché là c'è anche un'altra realtà distributiva, quindi è ovvio che si parli maggiormente di cinema giapponese... ma francamente a me sembra che negli ultimi anni anche in Italia si sia parlato spesso di cinema giapponese contemporaneo.
Ci sono stati numerosi articoli e speciali sulle riviste di cinema, e sono stati pubblicati la "Storia del cinema giapponese" di Roberta Novielli, che tratta anche la produzione più recente, e "Cinema giapponese oggi" a cura di Dario Tomasi, che è dedicato interamente a questa determinata produzione.
Sono anche usciti più di un saggio sull'horror giapponese e su Takeshi Kitano, e negli ultimi anni si sono viste pubblicazioni su Mitsuo Yanagimachi, Naomi Kawase, Takashi Miike e ovviamente Kiyoshi Kurosawa...dai, non siamo messi così male!
a cura di Giuseppe Ferro (Ottobre 2007)