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Intervista a Elena Gabrielli

 

• Gentile Elena, ti ringrazio per questa intervista. Potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?

Mi chiamo Elena, ho ventisette anni e sono laureata in Storia e civiltà orientali all’Università di Bologna, che per quanto mi allontani è e sarà sempre la mia città.
Ho una passione totalizzante per le cose belle, passerei le giornate a guardare film orientali se non mi piacesse ancora di più uscire a esplorare posti nuovi, e sono presa da un infantile entusiasmo quando scopro qualcosa che non conoscevo.
Al momento vivo a Kyoto, studio giapponese e cerco di capire cosa voglio dalla vita.

•  Iniziamo dal passato: a quando risale la tua passione per il Giappone? Che cosa ti piaceva di più quando lo hai scoperto?

L’inizio del mio interesse per il Giappone è avvolto nella nebbia anche per me. Ricordo che da bambina guardavo gli anime in televisione, poi ho iniziato ad amare i film di Hayao Miyazaki e Takeshi Kitano, e un giorno senza una ragione apparente ho deciso di studiare giapponese all’università. Da allora la curiosità mi è cresciuta dentro in modo lento ma costante, diventando prima una passione famelica e irrefrenabile, e poi un amore più maturo e consapevole, quello in cui si conoscono e accettano i difetti dell’altro.
Allora come oggi, il cinema e l’animazione sono le cose che più mi affascinano.

• Parlaci del tuo blog Nihon Express. Quando hai iniziato e con quali motivazioni?

Il mio blog è nato circa un anno e mezzo fa, senza che avessi un progetto preciso a riguardo. Ho sentito l’esigenza di un mio spazio in cui parlare di Giappone a ruota libera, un po’ come valvola di sfogo per non riversare tutte le mie riflessioni nipponiche sui miei amici e un po’ nella speranza di conoscere altre persone che condividessero i miei interessi.
Da questo punto di vista ho avuto tante soddisfazioni, tra i blogger con cui sono venuta a contatto ci sono persone davvero stimolanti e dalle quali ho imparato molto.

• Se dovessi indicare a un possibile utente della rete i motivi per cui il tuo blog è diverso dai tanti altri che popolano la rete, quali diresti? C’è una tipologia di post o un’area del tuo sito di cui vai particolarmente fiera?

Rispetto ai blog sul Giappone in generale, il mio offre un punto di vista personale su Kyoto, non soltanto turistico, ma anche e soprattutto emotivo: vivere in una città così bella a volte è quasi “troppo” per il cuore, e mi piacerebbe riuscire a trasmettere questa sensazione a chi legge.
Un’altra area del blog a cui sono affezionata è quella dedicata alle recensioni cinematografiche. Pur non considerandomi un’esperta mi piace far conoscere le opere che ho amato, e quando qualcuno mi scrive di aver scoperto un bel film grazie a un mio articolo è una soddisfazione enorme.

 

• Attualmente vivi in Giappone a Kyoto. Ci parli di questa tua scelta di vita? La consideri momentanea o definitiva? E, una domanda che ti avranno fatto spesso, come mai non hai scelto Tokyo?

Ho deciso di trasferirmi per un periodo in Giappone perché sentivo che solo così avrei potuto ottenere i miglioramenti che desideravo nello studio della lingua. Non è stato facile, ho avuto mille dubbi e incertezze, ma adesso sono sicura di aver fatto una buona scelta.
Non la considero comunque una sistemazione definitiva: non mi immagino qui a tempo indeterminato, ho una vita in Italia che mi aspetta e il mio ideale per il futuro è poter lavorare a Bologna con le competenze che ho acquisito qui. Non so se ci riuscirò, ma non è ancora tempo di pensare a una soluzione di ripiego.
Per quanto riguarda la scelta di Kyoto, preferisco le città di medie dimensioni alle metropoli, gli aspetti tradizionali a modernità, tecnologia e cultura otaku.
Inoltre, avendo una passione quasi maniacale per il Genji monogatari, desideravo vivere nei luoghi in cui è ambientato il romanzo. Ultime ma non meno importanti, le ragioni economiche: il Giappone è costoso, ma Tokyo è ancora più costosa rispetto al resto dell’arcipelago.

• Parlaci un po’ della vita giapponese. Le cose più strane a cui ti sei dovuta adattare e invece quelle che non vedevi l’ora di “vivere” della cultura nipponica.

Le differenze tra la quotidianità giapponese e quella italiana sono davvero tante. Una cosa a cui ci si abitua solo dopo un po’ di tempo è la presenza costante di suoni, spesso fastidiosi, dal segnale semaforico per i non vedenti alla musica in filodiffusione nelle strade commerciali, in una confusione di rumori che all’inizio quasi stordisce.
La totale dedizione al cliente nell’erogazione di ogni tipo di servizio è un altro degli aspetti preponderanti della vita qui. Oltre alla cortesia quasi imbarazzante dei commessi, sono rimasta sorpresa dagli autisti di autobus che non solo annunciano ogni fermata, ma persino ogni azione che compiono, come chiudere le porte o far partire il mezzo, sempre per assicurarsi che i passeggeri prestino attenzione e non rischino di perdere l’equilibrio o farsi male.
Tra le cose che volevo provare c’erano proprio i mezzi di trasporto, quasi “mitici” per la puntualità e l’efficienza. Per far capire meglio a chi non sia mai stato in Giappone dico soltanto che i tabelloni degli orari stazioni non hanno nemmeno la colonna per i minuti di ritardo, e credo che questo sia un segnale significativo della differenza tra i due paesi da questo punto di vista.

• A chi volesse fare la tua stessa scelta che iter proporresti? Quali sono gli scogli burocratici o della società che penalizzano noi italiani, o europei e occidentali?

Per quanto riguarda la burocrazia e le questioni prettamente pratiche io mi sono affidata a un’agenzia che si occupa gratuitamente di sbrigare le formalità riguardanti l’iscrizione alla scuola, il visto e la ricerca della casa. Sono tutte faccende che si possono benissimo sbrigare anche in autonomia, ma in questo modo ho risparmiato tempo e tante noie.
Iscrivendosi a una scuola di lingua o a corsi di studio di altro tipo non ci sono particolari difficoltà per un europeo che volesse trascorrere un periodo di tempo in Giappone, e il visto studentesco permette anche, volendo, di lavorare part-time.
Un consiglio che però vorrei dare a chi arrivasse da principiante assoluto della lingua è quello di studiare almeno hiragana e katakana prima di partire: è un piccolo sforzo che vi semplificherà molto le prime settimane di scuola.
Gli ostacoli maggiori, probabilmente, sono quelli culturali, soprattutto se si parte con in testa l’immagine del Giappone conosciuto tramite anime e manga: una volta qui bisogna per forza aprire gli occhi anche sui difetti del paese, e tanti ci sbattono la testa e rimangono delusi dal contrasto tra i loro sogni e la realtà.


• Due film giapponesi recenti che ti hanno colpita per la loro qualità e che ti sentiresti di consigliare ai nostri lettori.

Il primo film che consiglierei è "Rentaneko", lungometraggio del 2012 di Naoko Ogigami. Racconta la storia di una bizzarra “gattara” che affitta mici alle persone che si sentono sole, portando gioia a loro e aiutando lei a riordinare le proprie priorità nella vita.
La trama, nonostante parta da presupposti decisamente originali, non è forzata verso un lieto fine a tutti i costi, ma mostra tante storie di solitudine che, messe una accanto all’altra, infondono un senso di speranza e fiducia per le piccole cose buone che accadono ogni giorno intorno a noi.
Il secondo è "Wolf Children" di Mamoru Hosoda, già conosciuto dagli amanti di animazione giapponese per "La ragazza che saltava nel tempo" e "Summer wars".
Il film parla di una madre costretta a crescere da sola i suoi bambini, che sono in realtà piccoli licantropi. Credo che con questo ultimo lavoro, distribuito qui in Giappone la scorsa estate, Hosoda sia cresciuto ancora come regista.
Disegni e animazioni sono a un livello altissimo, e creano paesaggi che sembrano uscire dallo schermo. La storia, legata ai temi delle scelte che fanno delle persone ciò che sono e orientata al rispetto per la natura e per la diversità, fa sorridere e commuovere senza mai imporre le emozioni sullo spettatore. Insomma, un piccolo gioiello.

• Un libro che ogni appassionato di Giappone non potrebbe non aver letto è…

Qui sono di parte e non posso che consigliare il Genji monogatari. È una lettura impegnativa, sia per la mole che per i contenuti, ma è quanto di più vicino possa immaginare a un viaggio nel tempo fino al periodo Heian. Oltre a rendere estremamente vivi personaggi appartenenti a un passato lontano mille anni, descritto con una maestria tale da far entrare il lettore dietro alle cortine delle splendide dame che vivevano alla corte imperiale, è uno specchio di emozioni che non possono non sorprendere per la loro modernità.
L’amore, la gelosia bruciante, la paura di perdere la persona amata, e sullo sfondo sempre la sensazione del tempo che passa, che fa invecchiare le persone e cancella i ricordi, permeano le pagine di quello che è considerato il primo romanzo della storia, e senza il quale la cultura del Giappone come la conosciamo oggi forse non esisterebbe.

• Infine i tuoi progetti per il futuro nella vita reale e in quella virtuale…

Nel mio futuro virtuale ho intenzione di continuare a scrivere di Giappone, anche perché al mio ritorno in Italia avrò un sacco di materiale arretrato da riordinare, e tra consigli di viaggio e foto i contenuti per il blog non mi mancheranno di certo.
Il futuro nella vita reale è invece più incerto. Vorrei trovare lavoro in Italia, ma vista la situazione attuale non ci spero più di tanto. Non inizio a fare progetti fin da ora, quindi, ma faccio del mio meglio per imparare il più possibile, nella speranza che quello che sto studiando mi possa poi essere utile in qualche modo.

 

a cura di Giuseppe Ferro (Gennaio 2014)

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