Intervista a Francesco Calderone
• Gentile Francesco, prima di tutto ti ringraziamo per questa intervista. Potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?
Ciao a tutti, io sono Francesco Calderone, un (ex) ragazzo nato ancora nei mitici anni ’70, che come tanti della mia generazione ha passato interi pomeriggi della sua infanzia e adolescenza in compagnia di “baby-sitter” televisione…a guardare tonnellate di cartoni animati giapponesi! Dite che si vede?
Scherzi a parte, credo che fosse una situazione piuttosto ricorrente negli anni Ottanta; quando ancora le console e i videogiochi dovevano esplodere e internet non esisteva, la televisione era un po’ il rifugio di molti bambini e le storie raccontate da quei disegni animati e colorati erano un bel modo per evadere, divertirsi e immedesimarsi.
Comunque, dopo una fase di rigetto negli anni del liceo (“i cartoni animati?! Sono per bambini! Ora sono grande!”) e all’inizio dell’Università, ho riscoperto gli anime e i manga grazie ad internet e poi, quando ho proposto (invero senza crederci molto...) alla mia relatrice per la tesi in sociologia un lavoro di ricerca sui lettori dei fumetti giapponesi in Italia, mi sono ritrovato a studiare l’argomento e a scriverne.
Così poi è cresciuto l’interesse per quel mondo lontano del Sol Levante, mi sono cimentato nello studio della lingua (a livello elementare) e ho pubblicato due libri… Naturalmente nel mentre ho fatto tutt’altro, di queste cose non riesco a vivere, ma aiutano a vivere meglio.
• Cogliamo l’occasione per presentare il tuo ultimo lavoro “Universo Manga. Indagine sui lettori di fumetto giapponese in Italia” per l’Editrice La Torre.
Ci diresti come si è svolta questa indagine e su quali aspetti si è concentrata in particolare?
Certo. L’indagine è partita con l’idea di valutare un particolare “oggetto culturale”, il fumetto giapponese o manga che dir si voglia, nato in una cornice socio-culturale estremamente diversa dalla nostra eppure capace di incontrare un credito via via crescente anche presso pubblici occidentali.
Come mai? Quanta parte di questo interesse nasce come naturale prosecuzione della fruizione degli anime? Si tratta di un interesse esclusivista o meno? Quanta parte ha nella definizione delle identità individuali?
Queste sono state solo alcune domande di partenza dalle quali ho preso le mosse per poi tracciare dei profili dei lettori di manga in Italia.
Come già accennavo in precedenza, la ricerca nasce come tesi di laurea nel 2006 e consisteva nella somministrazione di un questionario a domande aperte inserito come discussione in diverse communities di appassionati del genere; in questo modo sono state raccolte 150 interviste, alcune delle quali approfondite tramite email o messaggi privati, cui se ne sono affiancate altre otto di controllo, condotte con il registratore, a 4 ragazzi e 4 ragazze incontrati di persona.
Nel 2009, dopo aver già pubblicato un estratto della tesi su Manga Academica n.2, si decise poi con L’Editrice La Torre di pubblicare il lavoro integrale; siamo così intervenuti con gli aggiornamenti del caso andando ad integrare, secondo le modalità online già utilizzate in precedenza, le risposte del 2006 con 80 nuove interviste.
• A quali conclusioni sei giunto dopo questa indagine? Quali sono i profili di lettori che sono venuti fuori? C’è stata qualche sorpresa?
La ricerca ha portato alla definizione di tre tipologie di lettori di manga che ho chiamato “moderati”, “appassionati” e “coinvolti”; questi profili sono stati costruiti sulla base di diverse variabili (esclusività o meno della lettura di manga rispetto ad altri fumetti, proposizione di dinamiche ingroups-outgroups nelle proprie relazioni sociali cioè il valore più o meno discriminante di questo interesse rispetto alle proprie relazioni amicali, considerazione del Giappone e della sua cultura, etc.) intese a dare conto del grado di coinvolgimento e della presenza dei manga nella definizione dell’identità sociale di ciascun individuo.
Si tratta naturalmente di tipi ideali, categorie in cui l’accentuazione di alcuni tratti difficilmente trova corrispondenza assoluta nella realtà, ma necessarie per sostenere l’analisi: ci saranno quindi persone che, ad esempio, potranno riconoscersi per molti aspetti nel profilo degli ”appassionati” e per altri in quello dei “moderati”, muovendosi comunque lungo un continuum rispetto al quale la maggiore densità di individui ha finito per collocarsi nel gruppo mediano degli “appassionati”.
Dall’indagine fatta posso dire che è emerso un quadro per me non sorprendente, ma che forse può contribuire a smorzare il pregiudizio, in parte ancora avvertito dagli stessi intervistati, che vorrebbe chi guarda i cartoni animati giapponesi o legge i manga come un eterno bambino o, peggio, come una persona fuori dal mondo, un otaku nell’accezione negativa del termine.
In verità, anche tra i così detti “coinvolti” (una decisa minoranza peraltro) l’impressione è stata quella di soggetti altamente consapevoli che, partendo da una vera e propria passione per i manga, hanno declinato le proprie traiettorie di vita in modo coerente ad un interesse che ha saputo allargarsi ad altre sfere, dall’amore per la musica j-pop, allo studio della lingua, alla passione per vari aspetti della cultura del Sol Levante, seppur denunciando a volte, al limite dell’auto-ghettizzazione, una certa insofferenza per gli orizzonti culturali occidentali e per “gli altri” che non “possono capire”.
• Questo non è il tuo primo lavoro sull’argomento. Nel 2011 hai anche pubblicato, per Caravaggio Editore, “Anime e manga. Alla scoperta del fumetto e dell’animazione giapponesi”. Un’opera difficile dato che vuole rappresentare una summa della produzione anime e manga del Giappone…
Sì, un’opera “difficile”, nella quale ho cercato di contemperare diverse esigenze anche sulla base delle richieste dell’editore: da una parte non prodigarmi in un lavoro di tipo enciclopedico che avrebbe richiesto tempi lunghi e che in breve avrebbe scontato il problema del dover rincorrere una produzione costante e prolifica per rimanere sempre aggiornato; dall’altra cercare di non inflazionare il lavoro con titoli “storici” che rappresentano certamente delle pietre miliari del settore ma che sono già stati trattati a lungo da altre opere di saggistica in Italia.
Ecco così che, pur non tralasciando delle incursioni importanti e necessarie negli anni sessanta e settanta, la scelta delle cento opere analizzate ha cercato di privilegiare lavori più recenti mantenendo però alla base della selezione alcuni criteri centrali quali il successo, spesso decretato dall’assegnazione di premi del settore, l’assunzione a modello per gli epigoni o il grado di innovazione rispetto alle modalità della narrazione di temi spesso ricorrenti e ormai noti anche a pubblici stranieri.
• Aldilà dei tuoi saggi, quali sono le opere manga e anime alle quali sei più legato? Ci descriveresti anche, se c’è, qualche aneddoto collegato alla scoperta di questo universo?
Difficile fare una scelta, ma direi "Saint Seiya" di Masami Kurumada.
Si tratta di una scelta prettamente emotiva; dal punto di vista artistico e della coerenza della storia col tempo ho preferito decisamente altre serie, ma Saint Seiya o, se preferite, "I Cavalieri dello Zodiaco" ha segnato gli anni delle medie costituendo un terreno di condivisione sul quale sono cresciute delle amicizie che tuttora ho in essere.
Ecco che non era infrequente tra me ed i miei amici appassionati, lanciarci in appassionate e convinte recite a memoria dei dialoghi (splendidi per quanto non aderenti all’originale) interpretando di volta in volta Capricorn e Sirio, Virgo e Phoenix, Crystal e Scorpio… beh, era proprio divertente!
Col tempo poi ho preferito opere più “socio-culturali”, che mi permettessero di conoscere qualcosa del Giappone odierno, orientandomi su quel genere che in inglese viene definito talvolta "slice of life" o su storie più drammatiche e realistiche, ma credo sia normale con l’avanzare dell’età porsi altri interrogativi e cercare altre “risposte” dalla lettura di un fumetto o dalla visione di un cartone animato.
• E’ in fase embrionale presso molti editori, nostrani e stranieri, la commercializzazione di manga digitali. Come vedi questo settore e quali sono i tuoi giudizi di merito al riguardo?
In verità sono un po’ scettico, non so perché, credo che la mia sia una forma mentis un po’ antiquata in un mondo sempre più digitalizzato; aldilà della mia riluttanza e del mio attaccamento al contatto fisico, sensibile, con la carta, credo che la strada sia quella della digitalizzazione anche se non credo che si arriverà a soppiantare il tradizionale formato cartaceo del tutto…o forse mi illudo solamente? Vedremo…
• Quale aspetto della cultura giapponese ti affascina di più e perché?
Mah, vedi, la “distanza” con il nostro mondo è tanta, questo di per sé già costituisce un elemento di fascino; il “diverso” può anche far paura ma è molto stimolante specie per un confronto costruttivo con quelli che siamo.
Ad ogni modo, per rispondere alla tua domanda, più che le espressioni della cultura materiale della tradizione giapponese, dall’ikebana al teatro kabuki, dalla cerimonia del tè, allo shodo, sono alcuni aspetti profondi della cultura locale nella sua accezione “antropologica”, quindi quale insieme di valori, norme sociali, visioni della vita e del mondo, che mi interessano.
Un tratto che mi colpisce è ad esempio la concezione ciclica del tempo, tipica dell’Oriente tutto, in opposizione alla concezione lineare propria dell’Occidente, nella definizione della quale ha un evidente ruolo la differente matrice religiosa di riferimento.
Più strettamente nipponici sono invece alcuni tratti che informano il comportamento della popolazione e che esercitano un indubbio fascino su di me: il peculiare senso estetico in cui tanta parte ha il concetto di “vuoto, il ruolo del silenzio nella comunicazione, l’accentuata coscienza di gruppo (con il suo rovescio della medaglia nella scarso rilievo dato al singolo e alla creatività ’individuale) e il conseguente rispetto per il bene comune, la valorizzazione della modestia nei rapporti interpersonali. Insomma, difficile dire un unico aspetto…
• Per concludere, quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai già in programma altri lavori?
Progetti per il futuro? Beh, guarda, sarebbe già molto avere un lavoro che mi consenta di vivere senza preoccupazioni visti i tempi che corrono.
Diciamo però che, pur muovendomi in altri ambiti, continuerò a coltivare questo mio interesse, sperando magari di poter contribuire ad una maggior diffusione e comprensione del fenomeno ("anime-manga" in particolare e del Giappone in generale), attraverso collaborazioni, progetti o quant’altro.
Al momento, ti rassicuro, non ho nuovi libri in cantiere ma se potesse diventare un lavoro vero e proprio, beh, tanto meglio, dico bene?
a cura di Giuseppe Ferro (Gennaio 2012)