Il lavoro nel Giappone moderno (seconda parte)
A causa della sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, l’assolutismo dell’ideologia conservatrice venne meno.
Dal punto di vista lavorativo, tale destabilizzazione ideologica non causò un “capovolgimento totale” ma si tradusse in uno “spazio di mediazione” tra la precedente architettura, estremamente verticistica, e tematiche più democratiche e socialiste, producendo negli anni una sintesi nota come Shūsei shihon shugi (修正資本主義) ovvero "capitalismo corretto".
Nel secondo dopoguerra si riscontra essenzialmente uno spartiacque temporale: gli anni 70.
Negli anni ‘50, ‘60 e parte degli anni ‘70 era forte nella popolazione l’idea dello しかない (Shika nai) ovvero del “non avere alternativa” (in conseguenza della sconfitta) ad una accettazione della situazione in essere.
Una situazione, quella della “occupazione occidentale” (principalmente americana),
che per i giapponesi era tanto nuova (il Giappone non era mai stato invaso in precedenza) quanto poco gradita, almeno nella sua fase iniziale.
In realtà la massiccia presenza americana sul territorio giapponese permise a queste due popolazioni di conoscersi reciprocamente meglio instaurando così un legame che avrebbe portato notevoli vantaggi ad entrambi, negli anni a venire.
L’occupazione del Giappone si verificò tra il 1945 e il 1952 e fu finalizzata all’applicazione di una serie di riforme volte a trasformare profondamente la struttura socio-economica giapponese, senza però intaccare l’identità di quel popolo: il substrato culturale e tradizionale che lo lega così profondamente. Forse proprio grazie a questa volontà di rispettare e non disonorare l’ex avversario sconfitto, si creò un clima di collaborazione tra occupanti ed occupati.
Uno dei personaggi più importanti di questo delicato periodo della storia giapponese fu il generale Douglas MacArthur (nella foto insieme all'imperatore Hirohito): il Generale a cinque Stelle dell’Esercito degli Stati Uniti che fu inviato al comando del Giappone durante l’occupazione, con un ruolo analogo a quello che un tempo fu degli Shogun.
Fu lui il responsabile dell’attuazione del piano di rinnovamento giapponese.
Dal punto di vista lavorativo, una delle riforme principali consistette nello scioglimento degli 財閥 (Zaibatsu) ovvero i grandi monopoli industriali e finanziari che avevano dominato, e anzi determinato, lo sviluppo industriale del Giappone durante il periodo Meiji.
Nello specifico, lo Zaibatsu era di fatto una gigantesca holding con una struttura piramidale (esisteva una stretta gerarchia tra le aziende interessate) una governance verticistica (una Holding Company occupava il livello più altro della piramide) ed in ultima istanza familiare (la Holding era controllata da una famiglia).
Il gruppo dei principali Zaibatsu era chiamato Shidai Zaibatsu (四大財閥) ovvero “quattro grandi Zaibatsu” e comprendeva: Mitsubishi, Sumitomo, Yasuda e Mitsui. Tre di questi sono sopravvissuti alla dissoluzione trasformandosi in Keiretsu, mentre Yasuda non ce la fece.
Probabilmente l’assassinio del fondatore Yasuda Zenjirō in conseguenza alla negazione di una cospicua donazione all’ultranazionalista e militarista Heigo Asahi nel 1921 lasciò lo Zaibatsu prematuramente privo di una guida in grado di traghettarlo oltre il difficile periodo della Seconda Guerra Mondiale: lo scioglimento avvenne al termine della guerra, per volere degli stessi membri della famiglia rimasti al comando. La stessa Yoko Ono (la vedova di John Lennon) è parte di questa famiglia.
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